Per la sua 14a edizione, il Ca’ Foscari Short Film Festival ha ospitato la celebre regista Liliana Cavani, proponendo anche alcune sequenze dei suoi film. A conversare con lei che il giornalista e docente universitario Anton Giulio Mancino. A proposito de , Il portiere di notte, ora capolavoro riconosciuto a livello internazionale, che ,attraverso la relazione sadomaso tra un ex ufficiale nazista e una prigioniera ebrea , affronta il tema del potere, la regista ha ricordato come il rapporto con la critica “ sia stato un vero inferno”. Altrettanto scandalo suscitò Al di là del bene e del male, che anticipava la presa di coscienza femminista e finì nelle maglie della censura italiana per alcune scene ritenute eccessive, Francesco d’Assisi (1966) si fa, poi, precursore dello spirito del Sessantotto.”Sono sempre stata affascinata dalla componente religiosa e spirituale, e ho deciso di fare un film sulla vita di Francesco dopo averne letto la biografia scritta da Paul Sabatier – ha detto Cavani- Il film hè stato rivalutato solo dopo la proiezione fuori concorso a Venezia. La libertà era tenuta a bada in quegli anni, ma non ci ho mai pensato troppo”.
La successiva proiezione, un frammento di Interno Berlinese, ha aperto il discorso sull’approccio innovatore, per la prima volta con lo sguardo di donna, con cui Cavani ha affrontato le scene d’amore. “Se fai qualcosa che va contro l’andazzo morale del tempo, fa scandalo, ma se a farlo è una donna, ancora di più. Molte donne sono state scoraggiate a fare quello che volevano” racconta Cavani, ricordando poi come il suo percorso di emancipazione sia partito proprio dalla realizzazione del primo film sulla figura di San Francesco.
Continuando a ripercorrere la sua carriera, Mancino ha ricordato Dove siete? Io sono qui, un’opera che con grande sensibilità affronta il mondo della disabilità attraverso la storia di due non udenti.
Dopo la visione di un’ultima sequenza da Il gioco di Ripley, caratterizzato da un forte impatto musicale e uno straordinario gioco di inquadrature, la regista conclude con il suo ultimo film , L’ordine del tempo, liberamente ispirato all’omonimo saggio. “Viviamo come se avessimo tutto il tempo del mondo, ma esiste una fine, anche se non sappiamo quando accadrà” commenta in proposito Cavani, spiegando che l’idea alla base delk sua ultima pellicola è quella di indagare la psiche umana, i sentimenti davanti a un possibile pericolo che è sempre dietro l’angolo.