La presentazione del primo saggio dedicato agli altalenanti rapporti fra Montanelli e il cinema è stata una preziosa occasione non solo per ripercorrere momenti critici della storia del cinema italiano della seconda metà del ‘900 che videro coinvolto il grande giornalista ma anche per approfondire le conseguenze che ebbe la realizzazione nel 1969 del documentario-verità su Venezia curato da Montanelli e Giorgio Ponti (“Lo abbiamo fatto per sottolineare le miserie, i segni di decadenza e di decomposizione di Venezia” dichiarò, fra l’altro, il giornalista) sulla produzione cinematografica della prima metà degli anni ‘70 del secolo scorso. Rinaldo Vignati , autore del saggio, ha individuato almeno tre film realizzati in quegli anni su cui il documentario di Montanelli e Ponti ha esercitato un certo influsso: “Anonimo veneziano“ di Enrico Maria Salerno, “Yuppi Du” di Celentano e il cortometraggio “Il signor Rossi a Venezia” di Bruno Bozzetto. Montanelli nel documentario, per cui fu anche processato e assolto, si scagliava contro l’inerzia degli amministratori veneziani del tempo, , tacciati di ignorare i segnali evidenti del decadimento in atto. “Oggi i dogi non ci sono più, e nessuno pretende che si richiami in servizio la forca. Ma di uomini che si assumano decisive responsabilità, c’è bisogno come allora e più di allora. Speriamo che i dirigenti romani trovino, fra un congresso di partito e una battaglia di corrente, il tempo d pensarci” si augurava il giornalista. Auspicio andato a buon fine, perché la legge speciale per Venezia, sulla cui base cui tuttora sono finanziati i discussi interventi per la salvaguardia di laguna e città, (Mose in testa!) , è del 1973. L’incontro è stato aperto da un’introduzione del critico cinematografico Alessandro Cuk, vicepresidente del Cinit Cineforum Italiano.